è tramontato il tuo volto stasera
e non c'è luce che vale il tuo sguardo,
brìllano invano le stelle e la sfèra
più dolce pare un'amaro stendardo;
ora diffondi ad altrui l'intera
tua grazia e io volo al divin tuo riguardo,
con i pensieri in amorosa schièra
mentre ti lancio il cuore come un dardo;
adesso tu saluti il mondo, il cièlo,
ridi e proteggi il tenerèllo fiore,
amor ti sale agli occhi; io vedo un velo;
abbi pietà di chi ti versa onore,
di chi sorregge il suo gravoso stèlo
solo per dare gioia al tuo dolore.
Daniele Ambrosini.
Da Fonte del Sole, pubblicato dal Fauno editore, Firenze, maggio 1989. Metro: sonétto di gènere lìrico;
Daniele Ambrosini.
e non c'è luce che vale il tuo sguardo,
brìllano invano le stelle e la sfèra
più dolce pare un'amaro stendardo;
ora diffondi ad altrui l'intera
tua grazia e io volo al divin tuo riguardo,
con i pensieri in amorosa schièra
mentre ti lancio il cuore come un dardo;
adesso tu saluti il mondo, il cièlo,
ridi e proteggi il tenerèllo fiore,
amor ti sale agli occhi; io vedo un velo;
abbi pietà di chi ti versa onore,
di chi sorregge il suo gravoso stèlo
solo per dare gioia al tuo dolore.
Daniele Ambrosini.
Da Fonte del Sole, pubblicato dal Fauno editore, Firenze, maggio 1989. Metro: sonétto di gènere lìrico;
Daniele Ambrosini.
7 commenti:
E' poesia di altro tempo quella di Daniele Ambrosini, e per questo colpisce, riportandoci al valore e rigore estremo della rima e della grazia della parola.
In un primo momento pare farci tenerezza come un bambino coi calzettoni lunghi ed un buffo cappello, ma infine ci lascia in silenzia. Per rispetto.
Filippo Frittelli
Complimenti al poeta.
Sono davvero parole di altri tempi ....che vorremmo si dicessero ancora oggi.
Lucia
Questa risposta vuole èssere la stessa per i due lettori Filippo Fittelli e Lucia, che mi danno l'occasione per disvelare qualcosa della mia poètica: mi fa piacere che venga notata la ricerca e la "grazia" della parola, definita "d'altri tempi "; mi piace riportare in giusto onore le tradizionali forme mètriche italiane, che perméttono pure qualche libertà formale, soprattutto se le studiamo attentamente; quanto alle parole e alle immàgini, cerco di armonizzare il linguaggio moderno con qualche parola bella del passato che abbia superato il giudizio dei tempi; Daniele Ambrosini.
Ciao Daniele più la rileggo e più diventa bella.
Ogni volta che rileggiamo uno scritto attentamente e non come la prima volta , si colgono sfumature che non avevamo notato.
Lucia.
Personalmente uso il verso libero, ma capisco cosa vai cercando!
C'è davvero tanta sensibilità e delicatezza.
un saluto
Caterina
Mi piace D la tua coerenza e INDISTRUTTIBILITA'.
Poi te lo dico anche a voce.
Però - te - dopo mi spieghi la sovrabbondanza di accentazione che mi incuriosisce a bestia.
Rispondo brevemente all'amico Aroldo, per la questione accenti: spesso segno l'accento gràfico, quando ci puo' essere incertezza sul tipo di suono, in quanto l'accento grave, es.: è, indica i suoni aperti, detti anche larghi, mentre l'accento acuto, es.: é, ìndica i suoni stretti, detti anche chiusi; si àpplica perlopiù questa règola, nel caso di parole omònime, cioè scritte con le stesse lèttere, ma che pòssono avere suoni diversi: es.vénti: nùmero, (accento acuto, suono stretto, chiuso); vènti: plurale di vènto, aria in movimento,(accento grave, suono aperto, largo); quando l'accento tònico cade sulla penùltima sìllaba delle parole polisìllabe non viene indicato,(parola piana) ma se lo stesso cade sulla terzùltima sìllaba, (parola sdrùcciola), l'accento viene indicato graficamente, es.: oràcolo; si ìndica l'accento pure nelle parole tronche di più sìllabe; tronche sono quelle parole dove l'accento tònico cade sull'ùltima sìllaba, es.: verità; queste sono le principali règole alle quali mi attengo; Daniele Ambrosini.
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